Ancora sugli “stressors”

30 Settembre 2021Twitter threads, 🇮🇹 Italiano

Vedo molto parlare di effetti psicologici di questo o di quello. Bene. Però le soluzioni sembrano orientate all’eliminazione delle fonti di “stress”. Allora ho fatto un disegnino (molto grossolano).

A seconda del sistema di riferimento personale, familiare, culturale, sociale etc., tecnicamente ogni evento (esterno o interno) può essere uno “stressor”. O non esserlo.

Se certi eventi lo sono quasi universalmente (es., un lutto), per altri conta la risonanza che diamo loro.

Per evitare effetti dannosi per la salute mentale, forse non occorre tanto l’eliminazione di ogni cosa che ci crei ansia, quanto un’educazione che ci consenta di discernere in maniera più congrua ciò che “ci fa male” e di affrontarlo in maniera meno ansiosa e più costruttiva (ne avevo parlato tempo fa qui).

“Ah, Cindy Sondheim, you should have lived in an earlier age. Things were simpler, less complicated. Do you know how many women had nervous breakdowns in the fourteenth century? Two.”

Thread originale

Covid e Igiene Mentale

12 Agosto 2021Twitter threads, 🇮🇹 Italiano

Parliamo di Covid e Salute Mentale (visto che se ne parla molto, ma se ne dice, in realtà, poco). Come sempre con le inevitabili approssimazioni di un thread su Twitter.

Mi riferisco qui alle implicazioni su larga scala: non quindi agli effetti diretti del Covid sul SNC ma solo a quelli indiretti dovuti alle situazioni quotidiane, sociali, psicologiche, antropologiche, mediatiche cui siamo tutti più o meno sottoposti.

È difficile avere numeri esatti (anche se qualcosa arriva), ma ci interessa poco la contabilità: la generale percezione è che la pandemia abbia aumentato il “bilancio netto”, per dirla brutalmente, di molte manifestazioni psicopatologiche (nota a margine: parlo di “bilancio netto” perché l’isolamento sociale, il telelavoro etc. hanno prodotto in un numero rilevante di persone una condizione di maggiore benessere, il che dovrebbe farci anche riflettere – ma è altro tema e non divago).

Annosa questione è la mancanza di risorse per la psichiatria territoriale: in termini economici, di personale, ma soprattutto di tipologia di risposta, essendo la psicoterapia gravemente sottorappresentata rispetto alle attuali necessità. Questo ragionamento, seppur corretto, lavora però su un piano di intervento terapeutico, mentre il termine forse un po’ desueto di “Igiene Mentale” prevede come non meno importanti gli aspetti di prevenzione (non solo secondaria e terziaria: anche primaria).

Prevenzione “primaria” vuol dire lavorare su un ambiente per eliminare i fattori di rischio prima che essi possano incidere sullo sviluppo di una malattia (molto sinteticamente: quella secondaria è la diagnosi precoce e quella terziaria è la riabilitazione).

Ora, mentre per le altre due si lavora su un individuo, per la prima si lavora su un ambiente e in assenza di una malattia. È un lavoro di previsione, un gioco di anticipo.

In medicina generale gli effetti sono misurabili (es: lotta al fumo → cancro al polmone). In psichiatria invece tutto è più fumoso, soprattutto quando dalla sfera francamente patologica ci spostiamo verso quella psicopatologia della vita quotidiana di stampo più nevrotico che riguarda molta più gente e che ha costi sociali elevati ma sommersi.

Il che ci porta a domandarci: come intervenire psichiatricamente, allora?

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