L’altro attraverso lo schermo

8 Agosto 2024Articoli, InOltre

È avvenuto un fatto che ha generato molte polemiche. L’ho letto su Twitter (che non riuscirò mai a chiamare “X”), ne ho seguito i commenti, mi sono fatto una mezza idea che voglio condividere. Scrivo poche righe dal mio iPad e pubblico. A breve troverò la notifica di una manciata di “like”, qualcuno mi darà ragione, qualcun altro torto, forse inizierà una discussione interessante o forse no.

Quali che siano l’argomento, il social, la forma espressiva o il dispositivo, questo comportamento è entrato nella nostra quotidianità come un gesto automatico, indifferente, una parte innocua delle nostre abitudini. Eppure negli ultimi vent’anni si sono susseguite innovazioni tecnologiche che – per la popolarità di cui hanno goduto e la velocità con cui sono state assimilate – hanno profondamente modificato il nostro modo di comunicare, di prendere decisioni, di pensarci sia come individui che come comunità.

Vita nella (e dalla) stagnazione

25 Maggio 2020Articoli, 🇮🇹 Italiano

La quarantena ci ha esposto a un’esperienza inusuale, difficile da definire, in cui i concetti di normalità e di anormalità si confondono improvvisamente. Degli ultimi due mesi ciascuno ha probabilmente un ricordo diverso: per alcuni — lavoratori “essenziali” — sono state giornate intense e stressanti; per altri, di malattia o di lutto; la maggior parte del Paese ha vissuto però in una condizione di sospensione, di attesa, per certi versi di reclusione, dai tratti surreali.

Mentre strade e piazze riprendono ad animarsi per l’auspicata “ripartenza”, può rivelarsi salutare rielaborare l’esperienza di questa forzata e necessaria reclusione domestica da tutti accettata nella speranza di mettersi al riparo da una tempesta invisibile la cui forza era rappresentata solo da grafici, elenchi, bollettini: comunicazioni fredde di un pericolo — per chi non l’abbia affrontato in prima persona — astratto e impalpabile.

Il “dentro casa”, spazio tradizionalmente destinato al riposo e alla famiglia, si è trasformato in luogo totale, esclusivo, scompaginando i nostri equilibri con l’esterno ma soprattutto con l’interno. Molti di noi, soprattutto i più “estroversi” (giacché per gli “introversi” la quarantena è stata una condizione quasi di grazia), si sono trovati inaspettatamente a confronto con una dimensione immobile, bloccata, con un panorama che da amichevole diventa inaspettatamente ostile.

Questa condizione è definibile solo “per sottrazione”, in virtù di ciò che manca, della libertà persa, della disponibilità perduta. Esaurito il brivido del telelavoro in pantaloni corti o di spericolati esercizi di panificazione casalinga, si fa via via largo la noia. E se già non fosse abbastanza fastidioso questo sentimento, occorre anche subire consigli (e rimproveri) sulla mancata capacità di stare con se stessi, di approfittare per migliorare la propria cultura, di trovarsi degli hobbies. In buona sostanza di fare qualcosa e non rompere troppo le scatole. (altro…)

Quando l’io diventa sovrano

29 Giugno 2019Articoli, 🇮🇹 Italiano

Il dibattito intorno ad alcuni temi si è fatto recentemente molto acceso. Le posizioni tradizionali — Dio e Cesare, diritti e doveri, conservatori e progressisti — si trovano sempre più polarizzate l’una contro l’altra. Il conflitto si radicalizza e soffoca gli spazi di dialogo. Che i conflitti possano estremizzarsi non deve certo sorprendere; leggendo la contemporaneità secondo le categorie consuete rischiamo però di trascurare alcuni elementi nuovi.

Da un lato sono venute meno le grandi impalcature ideologiche che davano una forma coesa, orientata, condivisa anche al disagio sociale e al dissenso. Dall’altro, l’influenza dei nuovi media ha dato al singolo individuo uno straordinario (ma totalmente deresponsabilizzato) strumento di amplificazione della propria voce. Oggi si può interloquire (o, meglio, sentire di star interloquendo) direttamente con alti funzionari, celebrità, personalità di ogni genere. Ogni tweet, ogni status, ogni post, in virtù di una possibile viralità, assurge alla dimensione fantastica di un annuncio Urbi et Orbi.

In questo panorama sembra emergere una sorta di insurrezione in tre grandi aree: l’area della politica, ovvero il mondo del fare; l’area della scienza, ovvero il mondo del sapere; l’area della religione, ovvero il mondo del credere. Le popolazioni di queste tre aree di dissenso — non è un caso — presentano larghe sovrapposizioni.

I punti di riferimento di una volta (il rappresentante delle istituzioni, lo scienziato, lo stesso Pontefice) vengono aggrediti con sorprendente virulenza; non già per ciò che sostengono, bensì per ciò che rappresentano: l’esistenza stessa di un’autorevolezza, di un’istanza altra che pone limiti all’espansione sempre più autoreferenziale di un “io” individuale. La cifra inquietante di questo conflitto non è quindi la sua intensità né ha a che fare con le posizioni sostenute. La dialettica non è più fra due collettività: è piuttosto fra l’individuale e il collettivo. (altro…)

La persona più della malattia

7 Giugno 2019Articoli, 🇮🇹 Italiano

C’è un problema diffuso di interpretazione del disagio mentale e, a seguire, anche del senso del trattamento psichiatrico o psicoterapeutico. In nessun campo della medicina il concetto — già di per sé ambiguo — di salute è sfuggente come lo è in psichiatria. Forse è per questo che si sente la necessità di una demarcazione forte, come se l’idea stessa del disagio psichico possa in qualche modo contagiarci. Ciò che più ci protegge dalla «stranezza» dell’altro è sapere che in realtà, sotto sotto, non è veramente come noi. Possiamo così avvicinarci — anche moltissimo — ma è come se si rimanesse dall’altra parte di un vetro. Un po’ come allo zoo. Se la demarcazione si fa incerta, le cose invece si complicano moltissimo.

In realtà, il discorso vale anche a parti invertite, almeno per la sfera nevrotica. Chi non sta bene cerca spesso l’etichetta che lo definisca, che gli dia una patente di malattia, lo giustifichi rispetto alle proprie inadeguatezze e lo rassicuri sulla disponibilità direi «algoritmica» di una procedura terapeutica. Si mette, per dire, in una gabbia comoda (e ci sarebbe molto da riflettere su una società in cui bisogna sentirsi matti per sentirsi giustificati).

Rimanere invece in quella zona grigia, indefinita, in cui non conta tanto la malattia quanto la persona (le sue scelte, la sua libertà, il suo destino, la sua felicità), è terribilmente faticoso sia per chi sta al di qua sia per chi sta al di là di questa demarcazione artificiale.

E qui si manifesta il primo fraintendimento: per quanto la terapia possa prevedere colloqui, pillole, ricoveri e trattamenti più o meno coatti e per quanto l’indice della sua evoluzione sia rappresentato dai suoi sintomi, lo scopo reale dello psichiatra non è, come può sembrare, quello di curare la malattia. (altro…)

La libertà e l’attendibilità delle informazioni nell’era del World Wide Web

10 Gennaio 2006Articoli, 🇮🇹 Italiano

Quando a metà degli anni Novanta l’estensione del World Wide Web osservò una crescita esponenziale e si estese in egual misura la base di utenti che vi accedevano, apparve subito piuttosto chiaro che con l’aumento delle informazioni disponibili aumentava di pari passo il problema della loro attendibilità.

Nel 1993, data di uscita di NCSA Mosaic (il capostipite dei browser web), i modem avevano raggiunto velocità di 14.400 bit al secondo e prezzi relativamente accessibili, il che era quanto necessario e sufficiente all’apertura definitiva della Rete al grande pubblico (e al suo mercato). La velocità di connessione, la disponibilità di provider, il numero di utenti si incentivarono reciprocamente: a dicembre di quell’anno si contavano già tremila siti web, che sarebbero diventati mezzo milione nel 1996 per raddoppiare l’anno successivo; non si trattò di una semplice crescita, ma di una vera e propria trasformazione: la Rete da prerogativa dei “tecnici” diventava luogo di incontro elettivo fra gli interessi più disparati.

Molti strumenti di allora sono diventati obsoleti (come Gopher) o rimangono confinati ad utilizzi di nicchia (irc, usenet, l’emulazione di terminale); viceversa, alcune innovazioni prodotte nella Rete sono accessibili, ben più che al veterano, proprio all’utente comune, perché ritagliate su misura sulle sue capacità, sulle sue esigenze, sintonizzate con la sua mentalità. Tim Berners Lee, il padre del World Wide Web, ha aperto il suo weblog solo il 12 dicembre del 2005, concludendo il primo post in questo modo: “Così proverò questa faccenda del blog, usando gli strumenti dei blog. Questo per le persone che sostenevano che dovevo proprio averne uno”1. (altro…)

Psichiatria e media

1 Novembre 2005Articoli, 🇮🇹 Italiano

“Depressione” è un termine ormai di uso corrente, tanto corrente quanto impreciso è diventato il suo alone semantico. Un “googling” improvvisato e privo di ogni presunzione sociologica ci permette di trovare oltre tre milioni di pagine web in italiano che contengono la parola “depressione”, contro un milione e settecentomila che contengono “tristezza” (la prima dell’elenco, neanche a farlo apposta, riporta: “la depressione come forma della tristezza” – e ci risiamo). Come detto, questa indagine svolta dal salotto di casa non dimostra nulla; eppure, tornano i conti con la sensazione diffusa che nessuno si senta più banalmente triste, quando ha la possibilità di definirsi depresso.

Se fino a trent’anni fa chiedevamo conto ai poeti della nostra tristezza, oggi devono risponderci gli psichiatri, i quali generosamente non si sottraggono alla domanda e ci illustrano da trasmissioni, libri e rubriche cosa la depressione sia e come liberarcene. Lodevole il tentativo di rasserenare gli animi inquieti della società, però urge anche una riflessione sui rapporti fra società civile, mezzi di comunicazione e tematiche psicologiche. Queste ultime hanno infatti una presa formidabile sull’immaginario collettivo e, nel momento in cui propongono chiavi di lettura (seppur con le migliori intenzioni) non si può ignorare che lavorino anche come suggestioni potentissime e – se non ben identificate – in gran parte inconsce. (altro…)

Internet e psicopatologia

1 Settembre 2005Articoli, 🇮🇹 Italiano

Pochi fenomeni hanno subito una crescita esponenziale e vertiginosa come quella che ha caratterizzato Internet negli ultimi dieci-quindici anni. Forse sono ancor meno le innovazioni tecnologiche capaci, a così breve distanza dalla loro diffusione iniziale, di entrare nell’uso comune, di cambiare o condizionare la vita quotidiana del cittadino, financo il suo modo di mettersi in relazione con gli altri. L’evoluzione tecnica del mezzo informatico, inoltre, è talmente rapida che spesso l’analisi di un fenomeno si completa quando il fenomeno stesso si è riadattato, trasformato in altro.

Anche sul fronte psichiatrico si è osservata una serie eterogenea di situazioni cliniche relativamente nuove, che la psichiatria ha fronteggiato con gli strumenti che possedeva. Sono nate così etichette per sindromi da dipendenza da Internet e simili, nel tentativo di incorporare nuovi comportamenti nella nosografia corrente, che è prevalentemente quella, di stampo americano, del DSM-IV.

Per evitare di cadere in uno sterile collezionismo di sindromi “à la DSM” (dipendenza da chat, dipendenza da computer, panico da “disconnessione” etc.) che nulla ci dice su cosa succede effettivamente “là dentro”, non resta che procedere pazientemente con alcune osservazioni di stile fenomenologico, alla vecchia maniera. (altro…)