Un mondo terribilmente complicato

11 Ottobre 2020🇮🇹 Italiano

“Ah, Cindy Sondheim, saresti dovuta nascere in un’altra epoca”, commenta nostalgico l’improbabile Conte Dracula di Amore a primo morso mentre l’oggetto delle sue attenzioni trangugia due Xanax. “Le cose erano più semplici, meno complicate. Sai quante donne hanno avuto un esaurimento nervoso nel Quattordicesimo Secolo? Due.”

Più semplici, meno complicate. Meno conoscenze, meno informazioni da elaborare e, al posto loro, una rassegnata fiducia nella Provvidenza, unico argine a una serie di iatture (pestilenze, guerre, calamità) sulle quali si aveva un controllo piuttosto modesto. E meno responsabilità: felicemente ignari dei successivi doni di Freud che ci avrebbero portato in dote un po’ di autoconsapevolezza, certo, ma anche – ohinoi – molti esaurimenti nervosi.

Le avrebbero complicate, le cose, innanzitutto certi manigoldi del Seicento – Galileo, Keplero, Newton, Leibniz… – che sul metodo, sulla matematica, sulla verifica sperimentale hanno fondato insieme a molti altri i principi ancor oggi validi del metodo scientifico.

Il “linguaggio segreto” della Natura (la matematica) e il suo alfabeto (i numeri) perdono i loro aspetti più speculativi e si scoprono dotati di nuove possibilità euristiche: la techne (termine che indica ambiguamente scienza, arte e artigianato) si trasforma definitivamente in sola scienzagrazie alla comparsa del “dato”: l’ente discreto e indivisibile su cui fondare le proprie certezze.

Ma i dati aumentano, così come aumentano le loro relazioni, che devono essere innanzitutto causali. Non è più possibile pensare a una “cartografia” dell’esistente con un rapporto 1:1, come per la mappa di borgesiana memoria (in “Del rigore della scienza”): abbiamo bisogno di riduzioni, di sintetizzazioni, di estrapolazioni. Cerchiamo il trend e il pattern che ci guidino verso risposte che, avendo a che fare con le decisioni, alla fine sono spesso binarie.

Troppi dati e il mondo diventa, appunto, terribilmente complicato. Torniamo con la mente a quell’epoca non complicata e la immaginiamo barbara e superstiziosa, ma anche semplice. Crediamo di aver rinunciato a un po’ di innocenza in cambio della indistruttibile sicurezzanelle nostre scelte e questo alla sola condizione di seguirne i rigidi protocolli.

Eppure.

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Salute o salute mentale?

25 Luglio 2020Twitter threads, 🇮🇹 Italiano

Thread lungo, spero utile a chiarire alcune cose importanti. Sarò, come sempre su Twitter, intenzionalmente approssimativo per motivi di sintesi e di chiarezza.

In tutti i libri (seri) di filosofia della medicina o di nosografia c’è un capitolo a parte dedicato alla psichiatria. Perché? Perché la psichiatria ha a che fare con malattie dai confini incerti e privi di corrispondenza con una “lesione macroscopica”. La psichiatria è la situazione-limite di un problema più generale (cos’è la salute, cos’è la malattia), che però negli altri ambiti della medicina può essere gestito con una certa approssimazione senza troppi problemi.

Invece, paradossalmente, appena il disturbo diventa “spiegabile” esce dal dominio della psichiatria. Perdita dei freni inibitori per tumore frontale? Neurologo. Farfugliamento, umore disforico, scarsa concentrazione? Non dovevate prendere la terza birra.

Esistono disturbi di vario genere e di varia entità che si configurano come “malattie” psichiatriche. Le più celebri sono le psicosi (schizofrenia, paranoia, mania, depressione endogena etc.). Ma oggi non parlerò di queste. Esiste poi tutta una serie di condizioni in cui la demarcazione fra “sano” e “malato” può essere meno evidente. Se mi lavo le mani cento volte al giorno, probabilmente ho un disturbo ossessivo. Ma dieci? o una volta ogni due settimane? Se non esco mai di casa per paura delle siringhe probabilmente ho un disturbo fobico. Ma se mi dà solo fastidio l’idea? O se non esco per gli scippi, ed effettivamente nella mia zona ce ne sono molti?

Chi decide? Qual è la soglia? (altro…)