Alle Olimpiadi del 1968 gli atleti Smith e Carlos (medaglie d’oro e di bronzo per i 200m) sollevano il pugno chiuso avvolto in un guanto nero. Sul terzo uomo, l’australiano Peter Norman, c’è molta confusione. L’apparente non-partecipazione di Norman alla protesta ha troppo spesso gettato su di lui una cattiva luce. Avrebbe dovuto alzare anche lui, bianco, il pugno? E non farlo lo rende automaticamente contrario al gesto?

Meno nota la storia dietro le quinte: mentre si avviano al podio, Smith e Carlos discutono su come si possa esprimere un gesto politico una volta arrivati lì. Solo Smith ha i guanti, Carlos li ha dimenticati. È Norman a suggerire di usare un guanto ciascuno. Chiede anche come loro preferiscano che lui partecipi alla protesta. Gli propongono di indossare il badge dell’Olympic Project for Human Rights (cosa che fa, come testimonia la foto).
Tutti e tre subiranno conseguenze pesanti per il gesto (per Norman sarà la fine della carriera), ma del “White Man” ci si ricorda meno. Non se ne dimenticano però Smith e Carlos che accompagneranno la bara al suo funerale.
Ci sono gesti simbolici così potenti da diventare iconici.

Ci sono gesti simbolici altrettanto importanti per chi li compie, ma pubblicamente meno visibili. Il loro valore è certificato dalle conseguenze che si scontano sulla propria pelle.
Ci sono poi gesti che posano il proprio senso sul gesto di un altro. Vivono non nella loro essenza ma nella ripetizione e nell’eco sociale che il primo, l’originale, ha destato.
Non ritengo siano – in sé – privi di valore: ma quando si perde il rischio personale, quando il costo non solo è nullo ma se ne adocchiano benefici, quando addirittura diventa deprecabile il non eseguirli, quei gesti perdono secondo me di senso.

Fino a diventare vuote macchiette, virtue signalling, foglie di fico; fino a trasferire l’attenzione sul gesto simbolico, evidente e plateale, dal luogo in cui dovrebbe realmente essere: il cambiamento reale, quello che costa.
Ma noi preferiamo compiacerci di fasce nere al braccio, minuti di silenzio, colori sul volto, commossi e intensi, tutti buoni e umani per un minuto – purché sia gratis.
Queste esteriori son tutte gualdrappe,
e livree del dolore, nulla più.