In questo tweet di @antoniospadaro c’è un termine che mi ha colpito molto e su cui sto riflettendo da ieri: straniero.
Quando l’autore di un reato è uno straniero, titoli con enfasi sulla nazionalità rischiano di diventare un trend mediatico e hanno gravi conseguenze perché colpiscono con uno stigma sociale intere comunità #ParlareCivile #CartaDiRoma https://t.co/ZzIBnoToMm
— Antonio Spadaro (@antoniospadaro) July 26, 2019
Siamo abituati a formule politicamente corrette ed edulcoranti: extracomunitario, migrante, rifugiato…; eppure la parole più democratica è proprio “straniero”. Il problema non è spogliarla della sua connotazione negativa. Anzi. Il problema è mantenerne tutte le connotazioni, anche le più complesse. Per associazione libera, mi sono venute subito in mente tre cose, che riporterò senza un particolare filo logico o ordine sensato.
1 – Lo straniero di Camus, e quanto l’essere “straniero” del protagonista abbia poco a che fare con la sua nazionalità. Nulla da aggiungere su questo, lo lascio come suggestione aperta.
2 – Dioniso, il “Dio straniero”, che ha come tratto specifico quello di arrivare da fuori e di apparire per “epifania”. Nessun posto è “casa sua”.
Dioniso non è mai invitato, previsto, e quando arriva la reazione è di sconcerto. Non è solo “straniero”, è anche “strano” (o “estraneo”). Abbastanza strano da essere straniero ma anche abbastanza simile da essere greco. Sempre xènos, mai bàrbaros. (altro…)