Voglio provare a rispondere a questo stimolo. Sarò ridicolmente approssimativo per questioni di spazio.

Fino a prova contraria, non possiamo credere che il genere umano si sia rincretinito biologicamente negli ultimi 50 anni. Dobbiamo quindi pensare che si tratti di una questione di cultura, di contesto e di dinamiche sociali.

1) Il più evidente cambiamento tra XX e XXI secolo è, IMHO, il crollo dei contenitori ideologici che hanno assorbito, irregimentato, a loro modo educato e organizzato molte forme di dialettica inclusi il dissenso e lo spaesamento. L’ideale del Partito (a prescindere dal colore politico) è stato a lungo semplice abbastanza da essere comprensibile a persone poco abituate a ragionare e altresì complesso abbastanza da garantire un’articolata struttura di pensiero e confronto intellettuale.

Il crollo delle ideologie ha reso orfani tanto i primi (il cui Io fragile si dilata oggi in naricisistiche e arroganti presunzioni di infallibilità basate sulla “chiacchiera” del Web, vedi sotto) quanto i secondi, i cosiddetti intellettuali, del resto mai particolarmente abbondanti in Italia, che per mantenere il gusto della propria superiorità non sanno far altro che sbuffare, additare l’errore, alzare gli occhi al cielo, senza degnarci mai di una pars construens.

2) Nel frattempo, i media si tramutavano da organi formativi/informativi in organo di intrattenimento. L’Auditel sostituiva l’indice di gradimento; la quantità inizia a contare più della qualità perché cambia la logica: con la televisione commerciale, che ha bisogno di pubblicità per vivere, inizia quella corsa all’engagement che sarà solo un pallido precursore di ciò che sarebbe avvenuto poi con Internet.

Certe trasmissioni vanno a nozze col culto della polemica sterile. Estratti dai salotti, gli intellettuali entrano in altri salotti insieme a scimmie urlatrici concludendo la trasmissione in passerella. Sopravvivono, generalmente, solo le “star” del pensiero. Retaggio di questa logica nella televisione odierna è l’applauso nelle trasmissioni di dibattito politico, fenomeno che prima di una certa epoca era inconcepibile e che invece oggi sancisce la spettacolarizzazione intrinseca di questo format.

Il Web 3.0 che segue è fondamentalmente alimentato dalla pancia: premia i nostri istinti più bassi e disincentiva il pensiero complesso. Le tifoserie che si scontrano in Rete non sono più quelle dei grandi ideali politici ma delle tribù.

3) A ciò si aggiunge l’improvvisa disponibilità delle “informazioni” e la “raggiungibilità” nel nuovo Villaggio Globale. Farfallina328 può parlare direttamente con un Nobel e dargli del cretino sulla base di un factoid reperito su Google. Questo dà spiegazione dell’amplificazione narcisistica dell’Io di cui scrivo sopra: la presunzione di poter sapere tutto, subito, sempre, attingendo a un metacervello accessorio universale, “a portata di mano”, che però contiene solo monadi di informazione senza relazioni, senza – quindi – conoscenza.

Inevitabile che in questo marasma si trovi ciò che si cerca in un continuo, risucchiante, autoreferenziale, circolare confirmation bias.

4) Scienziati, intellettuali, divulgatori non sono pronti a questo cambio di paradigma e – sempre con le dovute eccezioni – non sanno come reagire a una improvvisa, collettiva perdita di autorevolezza.

Non ho soluzioni a questa situazione, anche perché credo che per risolvere un problema occorra prima capirlo (o quantomeno “costruirlo”) e ancora ne siamo molto, molto lontani.


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